martedì 9 dicembre 2014

E' Natale anche nei cimiteri!

Natale è ormai alle porte, e nelle feste natalizie si sta in famiglia, anche con chi purtroppo non è più tra noi. Mi è capitato di trovare nei cimiteri addobbi natalizi: trovo questa usanza un modo davvero carino di rendere partecipe del clima natalizio, del calore e dell'amore che aleggia nell'aria, anche chi ci ha abbandonato.

Ecco alcune decorazioni che lo scorso anni avevo trovato al Cimitero Monumentale di Milano!













lunedì 1 dicembre 2014

Andar per cimiteri...il Tanaturismo!

Se è vero che andar per chiese, basiliche, catacombe, etc è ormai normale per chi si dedica a viaggi di piacere in Italia e non solo, negli ultimi anni è esploso un altro tipo di turismo: il Tanaturismo, o più comunemente detto turismo cimiteriale.

Tanaturismo è un termine che viene usato per lo più nella Penisola Iberica per indicare quel fenomeno che porta turisti e spesso amanti del macabro a visitare i luoghi in cui si sono verificati tragici eventi: per fare due noti esempi italiani vi cito l'Isola del Giglio e il clamore suscitato per il disastro della Costa Concordia, o Avetrana e il suo efferato delitto, dove folle di curiosi si sono recati nel piccolo cimitero cittadino per vedere l'ultima dimora della piccola Sara. Questo termine che vanta origini greche (tanatos in greco antico significa morte...) è stato assunto anche per definire il nuovo fenomeno del turismo cimiteriale.

Fino a poco tempo fa in Italia non esisteva il concetto di turismo funerario: chi visitava i cimiteri era mal visto, spinto quasi da insane pulsioni macabre. Ora non è più così: oggi è addirittura diventato un fenomeno " di massa", una vera branca del turismo della quale si sono accorte case editrici e persone che annusando nell'aria odore di denaro e nascondendosi dietro all'ondata diretta alla salvaguardia del patrimonio contenuto nei Cimiteri, hanno sfornato libri e guide con elenchi di camposanti da non perdere "prima di morire".



Andare in un cimitero non è solo fare pellegrinaggio in un luogo di culto, è anche immergersi nel patrimonio di storia, cultura ed arte necessari per la conoscenza della Memoria.  Ma visitare i cimiteri monumentali significa anche trovarsi davanti ad un vasto catalogo di opere d'arte open air. Da sempre fra le classi più agiate è invalso l'uso di far adornare le proprie sepolture con sfarzose ed imponenti strutture con statue, decorazioni, portali, eseguite dai più validi artisti dell'epoca. Un gesto di ricordo e amore per il defunto, ma anche un segno di rappresentanza del potere e di appartenenza a un alto stato sociale. I turisti sono anche attratti da un pellegrinaggio alla tombe dei personaggi famosi: esempio celeberrimo sono le file di persone e curiosi che vanno a visitare ogni giorno la tomba di Jim Morrison al Pere Lachaise a Parigi.


Diversi fattori concorrono quindi a questo fenomeno: il carattere funerario vero e proprio, l'aspetto museale (il valore artistico di una sepoltura), l'aspetto storico (la possibilità di entrare in contatto con ciò che rimane di un personaggio famoso o che ha fatto "la storia") e perchè no, l'aspetto del contesto paesaggistico (visitare un luogo di relax e pace dalla frenesia cittadina)

Ora anche molti cimiteri monumentali di tutta Europa fanno parte dei circuiti turistici, e se in Italia è un uso relativamente nuovo, nel Resto d'Europa è presente già da molto tempo: già a inizio Ottocento chi viaggiava era conquistato dalla bellezza dei monumenti artistici che popolavano i grandi cimiteri che stavano nascendo in tutte le città europee.  Esiste a tal proposito un'Associazione Europea, l'Asce, di cui vi ho parlato recentemente in occasione della mia partecipazione al Convegno Annuale che l'Associazione organizza annualmente. (si veda il mio intervento sul Blog)
Essa si premura di promuovere la conoscenza del patrimonio storico artistico contenuto in questi grandi "musei a cielo aperto".

L'Italia è senza dubbio la nazione che ha il potenziale turistico più elevato in quanto possiede ben 192 cimiteri degni di nota in tutto il tessuto nazionale, ma non è la prima in ordine di importanza riguardo allo sfruttamento di tale patrimonio, in quanto la Spagna ci batte per organizzazione di eventi, visite guidate e strutture ricettive. I dati arrivano dalla ricerca su "La seconda vita dei cimiteri", condotta dalla società JFC, che l'Ansa ha in esclusiva. Per maggiori informazioni sui dati relativi all'indagine si veda l'articolo apparso sul sito Ansa.

Anche io naturalmente non nascondo la mia "insana passione" di visitare cimiteri, sia per le mie ricerche storico/artistiche, sia per la curiosità discoprire nuove realtà e nuovi spunti di riflessione. A proposito quest'estate ho organizzato un viaggio che ha toccato diverse città europee, in cui ho avuto modo di visitare numerosi camposanti...ve ne parlerò nei prossimi post...:-)




lunedì 24 novembre 2014

Le masche piemontesi e la"Fashion Witch. Vestirsi da Masche"

Viaggiare è conoscere e scoprire nuove tradizione e leggende. E così è stato anche nella mia recente gita ad Alba. Oltre alla storia della Beata Margherita di Savoia, di cui vi ho parlato nell'articolo precedente, mi sono "imbattuta" nella Masche: le streghe maligne del folclore piemontese. State tranquilli: nessuna festa post-Halloween o evento dark particolare, ma una mostra, di cui vi parlerò in seguito, che mi ha svelato l'identità di queste figure esoteriche.



La masca è un personaggio di solito femminile, dotato di poteri paranormali tramandati da madre in figlia, affini a quelli attribuiti dalla tradizione alle streghe. E' una persona comune, che vive tra la gente e opera i suoi sortilegi sui parenti, compaesani che per un qualche motivo urtano la sua suscettibilità o la sua invidia.

Il termine masca pare derivi dall'antico longobardo, parola che stava ad indicare uno spirito maligno, e si diffuse in quella zona che ora coincide con le Langhe, Roero, Canavese, Valli Cuneesi e Alessandrino. Persino nell'Editto di Rotari del 643 d. C. si dice " Si quis eam strigam, quod est Masca, clamaverit". 

Le masche hanno il potere della bilocazione e della trasformazione in animali, vegetali o oggetti.  Di indole raramente malvagia ma sempre capricciosa, dispettosa e vendicativa; possono essere anche benefiche, guarire malattie o ferite tanto alle persone quanto agli animali, o salvare vite in pericolo. Alcune di loro possono interferire sul clima: scatenare tempeste e bufere, creare nebbie e siccità prolungate.

Al contrario delle streghe, le masche piemontesi non hanno commercio col demonio e non praticano il Sabba; non sono nemmeno condizionate, intimorite o controllate dall'elemento religioso; anzi alcune di loro frequentano la chiesa, vanno a messa e ricevono i sacramenti come tutte le altre donne della comunità.

Bene, perchè vi parlo delle Masche? Nel Coro della Chiesa della Maddalena, è allestita una mostra che prende spunto proprio dalla tradizione delle masche. Intitolata Fashion Witch, Vestirsi da masche, costituisce il terzo e ultimo evento in programma nel 2014 (dopo le esposizione Le regine neogotiche di Titti Garelli a Mondovì e Le camere oscure a Cuneo) nell'ambito de Il CuNeo Gotico, progetto culturale ed espositivo triennale dedicato al tema neogotico nelle arti.


Aggiungi didascalia

Il titolo lascia trapelare il tema prescelto, ossia la moda neogotica, e allude ironicamente appunto alla vivissima tradizione locale della Masche. Nella mostra sono esposti lavori alquanto originali di giovani stiliste che hanno presentato una sintesi iconografica delle loro produzioni con figurini, fotografie e vestiti realizzati con materiali inconsueti come cannucce e celophane nero. Tra gli stalli lignei del coro, manichini e teche con bozzetti e fotografie fanno mostra di sè in una scenografia davvero suggestiva. I modelli che colpiscono di più sono senza dubbio quelli esposti subito all'ingresso del Coro. Da me ribattezzato "Angeli e demoni", ali soffici d'angelo e spunzoni da diavolo incuriosiscono lo spettatore che entra nel Coro della piccola chiesa.


Avete tempo di ammirare la mostra fino al 14 dicembre 2014, cosa aspettate? Così tra un piatto di tagliatelle al tartufo e una passeggiate tra le vie centrali di Alba, lasciatevi conquistare dalle masche e dal contesto scenografico dell'esposizione.

Curiosità: 
Ancor oggi è di uso comune in Piemonte commentare scherzosamente la caduta accidentale di oggetti o la loro temporanea "scomparsa" con l'espressione "A j son le Masche" ("Ci sono le masche").











lunedì 17 novembre 2014

Beata Margherita di Savoia e la Chiesa di Santa Maria Maddalena ad Alba

Ieri ho accompagnato un gruppo ad Alba, alla Fiera del Tartufo: dopo le brutte giornate di pioggia, il tempo è stato clemente e ci ha regalato una bellissima giornata di sole. Andrea, la guida della città, ci ha accompagnato per le vie della "città dalle mille torri" e la mia attenzione è subito stata rivolta alla piccola chiesa di S. Maria Maddalena che custodisce delle spoglie illustri: Beata Margherita di Savoia, marchesa del Monferrato.





Margherita nacque a Pinerolo nel 1390 da Amedeo di Savoia, principe di Acaja.  A 13 anni, per "ragioni di stato" fu indotta a sposare Teodorico il Paleologo, marchese di Monferrato. Rimasta vedova nel 1418 e rifiutate le seconde nozze con Filippo Maria Visconti duca di Milano, passò ad Alba, ove trovò il vescovo Alerino Rembaudi, il quale sostenne ed incoraggiò la sua aspirazione alla vita claustrale. Abbracciò così la regola delle Domenicane e con alcune giovani di rango elevato, fondò il nuovo monastero di S. Maria Maddalena. Qui morì santamente il 23 novembre 1464 e venne dichiarata "Beata" nel 1669 dal Papa Clemente IX.


Il corpo della Beata rimase custodito, con la sola interruzione del periodo 1803-1825, nella Chiesa di S. Maria Maddalena. Conservato dapprima in un monumento funerario marmoreo, e in seguito  un'urna di legno dorato, venne collocato nell'altare della cappella laterale della chiesa, costruito tra il 1689 e il 1691 e rifatto nel 1749, trovò infine dimora per più di un secolo e mezzo nella preziosa argentea, ancora presente, donata dalla Regina Maria  Cristina di Borbone nel 1840. L'urna venne realizzata, su disegno di Alfono Dupuy, dall'argentiere torinese Pietro Borrani. Dal 2001 il corpo incorrotto della fondatrice, in occasione di una nuova ricognizione canonica e del necessario restauro conservativo protrattosi sino al 21 dicembre 2002, ha raggiunto la sua famiglia spirituale.
Ora la beata è tra le sue figlie: chi desiderasse visitarla la può trovare nella chiesa del nuovo monastero.


Curiosità

L'iconografia la raffigura spesso con tre frecce che rappresenta la malattia, la persecuzione e la calunnia (come nell'immagine sopra). Viene raffigurata spesso anche accanto a un cervo, che richiama la sua eroica obbedienza.
Quattro beati della famiglia Savoia sono dipinti sulla volta della navata sud della Basilica di San Michele Maggiore a Pavia e Margherita è dipinta con abito da monaca che tiene in mano tre frecce.

La Chiesa

La chiesa conventuale dedicata a S. Maria Maddalena esisteva già come luogo di culto dell'ordine degli Umiliati, ormai in via d'estinzione, quando la trentenne Margherita, vedova del marchese Teodoro, nel 1420 si stabilì ad Alba per condurvi vita di preghiera e di carità con un gruppo di compagne. Il 13 maggio 1446, avendo essa ottenuto di fondare un monastero domenicano e anche ereditato i beni degli Umiliati, fu posta la prima pietra per riedificare la chiesa stessa. Un ulteriore rifacimenti si deve all'Architetto Bernardo Vittone tra il 1732 e il 1749, sul cui progetto venne edificata l'attuale chiesa. La realizzazione dell'apparato decorativo della cupola con la Gloria della Beata Margherita di Savoia si deve con ogni probabilità al pittore Michele Antonio Milocco (Torino 1690-1772), che operò  negli anni 1744-1746.

Gloria della Beata Margherita

Fino al 14 dicembre 2014 nel Coro della Chiesa sarà possibile ammirare la mostra Fashion Witch.  Volete scoprire che cos'è? Seguitemi nel prossimo post :-)

sabato 15 novembre 2014

Musica, poesia e danza al Monumentale di Milano...anche in un cimitero si può fare spettacolo!

Si è soliti pensare che il cimitero sia solo un luogo di culto, dove regna la preghiera e il silenzio: un luogo da frequentare con morigerato timore reverenziale. Le stesse leggi cimiteriali per lo più sottolineano questa linea di pensiero: nei cimiteri è vietato fumare, mangiare, correre, condurre animali, fare rumore, etc etc etc...insomma, solo silenzio e preghiera !

Ultimamente però, nel contesto della promozione del patrimonio culturale e artistico contenuto nei numerosi cimiteri monumentali che sta prendendo piede in tutta Europa, un altro elemento "vive" nel cimitero...l' arte, intesa nelle sue molteplici espressioni quali spettacolo, poesia, danza. Senza venire meno all'aspetto religioso del contesto in cui ci troviamo naturalmente...
Promotrice di questa nuova visione del cimitero, inteso come "teatro di rappresentazione artistica" è stata senza dubbio l'Associazione Amici della Certosa di Bologna, che da anni si prodiga nell'organizzazione di svariati eventi all'interno dei vetusti chiostri della Certosa di Bologna. (per maggiori informazioni www.amicidellacertosa.com )

La neofita Associazione Amici del Monumentale (di Milano www.amicidelmonumentale.org), non ha voluto essere da meno e, tra i tanti eventi già proposti in un anno di attività, nel mese di ottobre ha organizzato un suggestivo spettacolo che ha "animato" i viale del Cimitero più importante della città meneghina. Orfeo Canta!



Il sipario è ormai calato da alcune settimane, ma l’eco della musica e della poesia aleggia ancora nei viali “croccanti” del Cimitero Monumentale ( non è diventato anche commestibile, ma è il rumore delle foglie secche che ricoprono i vialetti del Cimitero sotto ai piedi degli spettatori incuriositi e ammaliati dalla bravura del cast )

Lara Guidetti nei viali del Monumentale

Orfeo, canta! è stato spettacolo ispirato a I sonetti ad Orfeo di Rainer Maria Rilke, poema funebre per una giovane danzatrice. Ideato e diretto da Franco Brambilla, realizzato grazie alla collaborazione delle associazioni Amici del Monumentale e Statale9teatro, è stato un vero e proprio viaggio nella cultura del Novecento tra arti visive, poesia, musica, danza e teatro. A guidare il pubblico fra i viali del Monumentale sono stati Orfeo, il Dio del canto, ed una figura femminile, Euridice, che si è sdoppiata di continuo: ora era danza, ora poesia. 
Il mito di Orfeo da sempre è il mito stesso della poesia, esso ci parla di quella zona di frontiera tra la vita e la morte, tra luce e oscurità, perdita e ritrovamento, ma soprattutto ci parla del canto e della musica. Orfeo canta, e con il suo canto, convince tutti ad assecondare il suo desiderio, apre brecce nei monti, muove alberi, rende docili belve feroci inducendole ad abbandonarsi all'ascolto della sua musica.

La coreografa e danzatrice Lara Guidetti ha attinto alle evocazioni dell'opera di Rilke e dal luogo e Saverio Bari e Barbara Nicoli è stato pressoché a contatto diretto con il pubblico, senza nessuna "finzione teatrale". Prima ancora che attori, sono stati corpi nello spazio, movimenti, gesti, voci, suoni, divenendo quasi opere, come le sculture che abitano lo spazio del Cimitero. La musica ha sottolineato i momenti salienti, creando un vero e proprio percorso nel Novecento.
dai monumenti del Museo a cielo aperto. Il lavoro degli attori

Barbara Nicoli

Lo spettacolo è stato il risultato del lavoro di ricerca che Franco Brambilla elabora da anni, insieme alla sua compagnia, per spazi non teatrali, museali ed espositivi, da La Triennale alla Fondazione Mudima di Milano e al Museo del 900 dove nello scorso maggio si è tenuto, con grande successo e partecipazione di pubblico, il primo “studio” di Orfeo.


Grazie a Sara Piloto per le splendide foto! Album completo



Saverio Bari





martedì 11 novembre 2014

Capela dos Ossos a Evora

Capela dos Ossos, Igleja do Sao Francisco a Evora
Mi capita spesso di ripensare ai mesi vissuti in Portogallo, esperienza di vita che ha lasciato un segno profondo a livello umano, ma che ha anche contribuito ad approfondire la mia conoscenza  nel mondo dell'arte funeraria. Come scordarmi delle numerose pause-pranzo trascorse al Cemiterio dos Prazeres di Lisbona, di cui vi parlerò presto dettagliatamente, o delle gite in alcuni cimiteri portoghesi, a Porto, Coimbra,  Obidos, e Portimao e in luoghi suggestivi e "spettrali" come la Capela dos Ossos ad Evora.

Oggi vi parlerò proprio di quest'ultimo luogo così inconsueto, ma copia di un altro celebre ossario a me ben noto.

La Capela dos Ossos è uno dei monumenti più famosi nella cittadina di Evora, nell'Alentejo, regione a est di Lisbona, considerata una della zone più autentiche del Portogallo e zona vinicola di grande tradizione.

Una giornata autunnale piovosa e uggiosa ha accompagnato la nostra visita della città, (proprio come la triste giornata milanese in cui sto scrivendo proprio ora): dico "nostra" perchè nei mesi portoghesi ho avuto la fortuna di avere come compagna di viaggio e di lavoro Alessandra, una ragazza splendida che non si è mai rifiutata di seguirmi interessata nelle mie gite "alternative" per cimiteri e luoghi inconsueti e incuriosita di questa mia passione così particolare.

La cittadina portoghese conserva tra le sue mure medievali monumenti importanti nella storia portoghese e non solo, quali l'antico tempio di Diana di epoca augustea, la cattedrale progettata da Afonso Alvares, il più importante monumento medievale rimasto fino ai giorni nostri, con l'aspetto di una chiesa fortezza edificata nel XIII secolo.

Collocata nel transetto destro della Igleja do Sao Francisco, la Capela dos ossos risale al Cinquecento ed ha la particolarità di avere le pareti interamente rivestite di ossa umane. Scenario non inconsueto per me poichè a Milano esiste una cappella-ossario molto simile nella Chiesa di San Barnardino alle Ossa e la somiglianza tra questi due edifici, come vedremo in seguito, non è casuale.

La capela dos Ossos venne costruita inizialmente nel XVI per volere di un monaco francescano il quale, secondo lo spirito controriformista dell'epoca, intendeva condurre i propri confratelli alla contemplazione della ineluttabilità della vita e del mistero della morte. La cappella venne completamente ristrutturata nel 1738 quando il Re Giovanni V del Portogallo visitò Milano e in particolare lo colpì la Chiesa di San Bernardino alle Ossa. La stranezza del luogo e l'imponenza dell'edificio suggerì al Re la creazione di un ossario uguale nella cittadina portoghese. E' senza dubbio fonte di orgoglio e soddisfazione, da amante delle bellezze della mia città natia quale sono, sapere che monumenti di Milano sono stati nel corso della storia esempio per la creazione di altre strutture in Italia e non. Quali vi starete domandando...subito vi porto un altro esempio: il Tempio Crematorio al Cimitero Monumentale di Milano (giusto per rimanere in tema !) fu il primo in Italia e uno dei primi in Europa, e fu preso a modello in tutto il Vecchio Continente per la creazione di nuovi impianti cinerari.

La lugubre cappella è formata da pareti di 11 metri di altezza per 18,7 di lunghezza. L'intento chiaramente didascalico dell'edificio è dimostrato anche dalla lapide collocata all'estremità del grande portale di accesso alla cappella su cui è incisa la scritta in portoghese  Non ossos que aqui estamos pelos vossos esperamos (Noi ossa che qui stiamo, le vostre aspettiamo) Un vero e proprio memento mori che ha lo scopo di far riflettere i temerari in procinto di varcare la soglia di questo luogo spettrale.



La luce entra da tre piccole finestre nella parete di sinistra: i muri perimetrali e le otto colonne che sostengono il soffitto sono decorate da ossa umane, teschi e tibie collocati con ordine e cementati nelle pareti. Anche il soffitto riporta decorazione dipinte con motivi funerari. Sembra che il numero di scheletri contenuti in questo ossario sia di circa 5000 corpi, provenienti anche dai cimiteri e dalle chiese della zona, ove i francescani venivano inumati. Molti di questi teschi riportano delle incisioni che indicano il nome della persona a cui sono appartenuti.

Sul fondo della parete di destra sono visibile due corpi interi appesi a catene tra cui un bambino.


Il pavimento è ricoperto da lapidi che indicano la presenza nel sottosuolo di altrettante sepolture, così come avveniva normalmente nelle chiese, prima che venissero bandite le sepolture intra moenia nelle chiese cittadine: nella parete di fondo un piccolo altere decorato anch'esso con ossa che incornicia un Cristo crocifisso dipinto nella parete, e una statua della Madonna
Di fronte a questo macabro spettacolo, ognuno viene soggiogato, costretto alla riflessione, a cercare dentro di se' uno scopo che giustifichi l'esistenza, le azioni quotidiane, e fa comprendere quanto sa prezioso un solo istante della vita terrena.

Da ultimo mi viene da fare una piccola considerazione sulle due cappelle a confronto. San Bernardino alle Ossa, pur essendo modello per Evora, si presenta alquanto differente dall'edificio portoghese.  L'esempio milanese si sviluppa in altezza con pareti che non sono rivestite interamente da ossa umane, che sono invece incorniciate in riquadri decorativi e grate. Ad Evora invece le pareti sono interamente ricoperte da resti umani: uno scenario davvero suggestivo e inquietante che rende la cappella un esempio quasi unico nel suo genere. Vi starete domandando quale delle due preferisco: pur essendo affezionata a Milano e alle sue bellezze, ho il Portogallo nel cuore e la Capela dos Ossos è unica! :-)

martedì 4 novembre 2014

Il Rumore del Lutto e il Cimitero della Villetta a Parma




Si è tenuto a Parma dal 30 ottobre al 2 novembre 2014 l'ottava edizione del Rumore del lutto: uno spazio di riflessione sulla vita e la morte, che quest'anno ha avuto come tema l'Infinito . Diciannove eventi ad ingresso gratuito che spaziano dall'arte visiva al teatro, dalla musica alla filosofia, dalla letteratura alla spiritualità, per un dialogo e una riflessione dul valore della vita, elaborando e condividendo sentimenti e pensieri sulla morte.

Naturalmente non potevo mancare a quest'evento e dopo anni di tentennamento e impegni di diversa natura che mi hanno impedito di recarmi a Parma, quest'anno è finalmente giunto il momento.
Ho deciso di partecipare all'incontro di venerdì 31 ottobre 2014  presso la Galleria nord del Cimitero della Villetta a Parma " Le parole dei guardiani di pietra", condotto dall'attore parmigiano Marco Musso. Una scenografia davvero suggestiva in cui l'artista ha letto alcuni brani della nota antologia di Spoon River, che il poeta americano Edgar Lee Masters pubblicò cento anni fa.  Un'intro con canzone accompagnata da chitarra Dormono sulla collina ha echeggiato tra le fredde ed umide gallerie del Cimitero. Poche persone accorse, la cui presenza solitaria ha contribuito a rendere quasi spettrale ed enigmatica la rappresentazione. L'attore, aprendo il testo a caso, ha dato voce alle memoria perduta dei personaggi di Spoon River: il marito cacciato da casa, la donna che ha dovuto tener nascosta una gravidanza indesiderata, il giornalista...tante persone ritrovate la cui memoria, revocata dalle parole dei versi, è stata metaforicamente segnalata dal gesto dell'artista di sollevare le mattonelle collocate per terra davanti a lui. Non mattonella in realtà, ma lapidi di persone dimenticate e sconosciute, che grazie alle parole di Marco Musso hanno ripreso a parlare. Suggestione e commozione.

Al termine dell'evento mi sono aggirata tra i viali del Cimitero della Villetta. Fu voluto da Maria Luigia, duchessa di Parma, negli anni Venti dell'Ottocento e deve il nome "Villetta" al fatto che venne costruito nei pressi di una villa suburbano di proprietà dei Gesuiti, detta appunto "villetta". Progettato dall'Architetto Giuseppe Cocconcelli, si estende su una superficie rettangolare delimitata da mura perimetrali con ingresso di stile Neoclassico.
Il primo monumento in cui mi sono imbattuta per primo e che mi ha lasciato davvero "a bocca aperta" è il Monumento ai partigiani, eseguito nel 1968 e raffigurante un giovane sdraiato e riverso sul fianco, con le mani legate dietro alla schiena e la bocca spalancata per il dolore. Fiori di ogni tipo onorano la figura esanime drammaticamente stramazzata al suolo.

Per gli altri monumenti?...ve li mostro fra qualche giorno...:-)

lunedì 3 novembre 2014

Non si può costruire senza una memoria...

..ha detto il Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, aprendo la cerimonia di commemorazione dei defunti e di tributo alla memoria dei nuovi personaggi aggiunti nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano.


14 personaggi illustri tra cui il tenore Carlo Begonzi, Roberto Cerati, Presidente della Casa editrice Einaudi, e il direttore d'orchestra Carlo Abbado.

Ricordare quanto hanno fatto e hanno lasciato può aiutare a liberare le potenzialità, rimuovere gli ostacoli, ridare fiducia a chi oggi si trova in difficoltà e non vedere prospettive di un futuro migliore. Qui ricordiamo chi ha impresso un'impronta personale irripetibile nell'identità della nostra città..  con queste parole il Sindaco ha chiuso il suo intervento.

Milano guarda avanti, vuole essere al passo coi tempi, innovare. Ma per farlo ci sarà utile fare tesoro delle eccellenza del passato, lo ha ribadito Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale.

A chiudere la cerimonia i cantori del Duomo con il coro di voci bianche in prima fila. 

Mai visto il Famedio così affollato: parenti dei defunti inseriti nell'elenco degli illustri, tanti curiosi e numerosi giornalisti tutti accorsi a partecipare a quest'evento annuale che ormai anche io non perdo dal 2011.


Ieri diecimila persone hanno visitato il Monumentale in occasione della commemorazione dei defunti. Nel mio piccolo ho organizzato, insieme all'Associazione Amici del Monumentale con cui collaboro ormai da diverse anni, una visita guidata dal tema " Cosa va di Moda al Monumentale", tema che sta riscuotendo molto successo e che ho riproposto quest'anno ormai diverse volte nelle giornate "open day" al Monumentale di Milano. Un pubblico molto numeroso di quasi 50 persone mi ha seguito per due ore tra i viali "in festa" del Monumentale.


 E dopo una dose di complimenti ristoratori e vecchi amici venuti per ascoltare questo percorso così originale, sono tornata a casa con la consapevolezza che il lavoro che sto portando avanti  ormai da diversi anni mi riserva sempre grande soddisfazione nonostante le difficoltà.

domenica 2 novembre 2014

2 Novembre: commemorazione dei defunti e numerosi eventi!

Giornata open day al Monumentale di Milano: cerimonia di commemorazione dei nuovi defunti alla presenza del Sindaco Pisapia e dell'Assessore De Alfonso e molti eventi in programma tra cui le  visite guidate a tema dell'Associazione Amici del Monumentale, tra cui la mia "Cosa va di Moda al Monumentale", ore 13,30 e "l'Asilo Mariuccia non è solo un modo di dire: filantropi e benefattori che hanno reso grande Milano", ore 14.00 con Carla de Bernardi e Lalla Fumagalli, Presidente e Vice dell'Associazione.

 Vi aspetto!! e vi allego il programma della giornata :-)




domenica 5 ottobre 2014

A.S.C.E. Annual General Meeting in Barcelona 2014

Sono appena tornata dal Convegno Annuale dell'ASCE, tenutasi quest'anno a Barcellona dal 2 al 4 ottobre: un'esperienza veramente significativa che ha arricchito il mio bagaglio di conoscenze e la lista dei contatti nel settore.


Per chi non lo sapesse l'Associazione ASCE, acronimo di Association of Significant cemeteries in Europe, è un' Associazione Internazionale che raduna realtà politiche e private impegnate nella cura dei cimiteri europei più interessanti per ragioni storiche o artistiche. Nata nel 2001 a Bologna, sta raccogliendo negli anni una crescente adesione da parte delle Organizzazioni Pubbliche cimiteriali e Associazioni culturali.

Le principali missioni dell'Associazione sono: 

  • promuovere il riconoscimento dei cimiteri europei come parte fondamentale del patrimonio dell'umanità.
  • accrescere la consapevolezza dei cittadini e delle istituzione europee sull'importanza dei cimiteri.
  • promuovere e richiamare l'attenzione sulla realtà cimiteriale, sulla storia e l'arte in essi contenuti.


Nick Lloyd parla della Pedrera 
Quest'anno il raduno ha avuto come tema Al di là della morte: ricordi, memoria e patrimonio. Barcellona città cosmopolita, ricca di realtà culturali differenti e che può vantare due famosi Cimiteri Monumentali, il Cimitero Poblenou e il Cimitero del Montjuic, ma anche un nuovissimo Museo contenente un'ampia collezione di carrozze funebri, il Museu de Carrosses Funebres.

Tre giorni di cultura con 14 validi interventi su cimiteri Spagnoli, come l'Almudena di Madrid, di Alcoi o Lloret de Mar, ma non solo: resoconti sulla realtà conservativa dei Cimiteri Monumentali di Atene, Helsinki, Opatija in Croazia e Bucarest, città che sarà la sede del raduno annuale dell'Asce nel 2015.
Da queste presentazioni sono emersi alcuni problemi riguardo alla conservazione della memoria e del patrimonio artistico contenuto nei cimiteri: in primo luogo è risultato evidente che in molti casi non esistono delle catalogazioni dei monumenti e delle opere artistiche contenute in ciascun cimitero che permettano di agire per una giusta conservazione e una successiva divulgazione di tale patrimonio. Lo stato di degrado in cui vessano alcune realtà cimiteriali, causa anche di una totale inconsapevolezza dell'importanza dei cimiteri nel bagaglio di identità culturale di una città, ostacola il processo di conoscenza e conservazione.
Incontro in Comune
Esistono diverse realtà efficienti che promuovono e divulgano il patrimonio di alcuni cimiteri europei, come le rievocazioni storiche di usanze funerarie romane organizzate nel Cimitero di Monturque in Andalusia, la creazione di materiale divulgativo anche per bambini, nel Cimitero di Alcoi, sempre in Spagna, la realtà museale efficiente di Glasnevin in Irlanda, o un efficiente sistema di visite guidate diurne e notturne a Lloret de Mar. Vi mostrerò nel dettaglio alcuni di questi interventi perchè credo che ne valga davvero la pena.

Oltre agli interventi sono state organizzate visite guidate ai due cimiteri cittadini più importanti, al museo delle carrozze e nella nuova realtà museale allestita nell'Ospedale modernista di Sant Pau. I partecipanti sono stati accolti nel Municipio dal Sindaco di Barcellona per una visita delle magnifiche sale affrescate del palazzo...e serata di Galà finale a porte chiuse del Museu Nacional d'Art de Catalunya.
Questi tre giorni sono stata un'occasione per conoscere nuove realtà cimiteriali, ma anche un modo per incontrare "colleghi" da tutta Europa. 


Ci vediamo a Bucarest 2015!
Foto di gruppo dei partecipanti (da pagina FB dell'ASCE)


lunedì 29 settembre 2014

La "morte nera" del 1348

Diffusione della Peste bubbonica in Europa
Agli inizi del Trecento un pò dovunque in Europa si registra un rallentamento di quel processo di crescita che aveva investito nei tre secoli precedenti tutti i settori produttivi e che aveva avuto nell'aumento della popolazione il suo impulso iniziale.
Il peggioramento delle condizioni igieniche delle città  rese il terreno propizio al dilagare delle malattie e delle epidemie, le quali tra il 1313 e il 1348 valsero a indebolire non poco il patrimonio demografico e biologico dell'Europa.  
Nel 1348 scoppiò la "famosa" peste bubbonica, i cui effetti disastrosi furono paragonati dai contemporanei a quelli del diluvio universale. Assente dall'Occidente dal VI secolo, vi giunse dal Medio Oriente, dilagando prima in Italia, Francia, Spagna e poi in Inghilterra e in Germania, per raggiungere infine nel 1350 i paesi scandinavi, dovunque provocando vuoti paurosi nella popolazione.
Responsabile della peste è un bacillo scoperto nel 1894 a Hong Kong da Alexandre Yersin e detto appunto Yersina pestis, ne è portatrice la Xenopsylla cheopis, una pulce ospite abituale del ratto nero, clima caldo-umido di paesi come l'India, il Pakistan e altre regioni della Cina, e della Persia.
ma anche di altri roditori selvatici. La trasmissione all'uomo avviene o per puntura della pulce o per la penetrazione dei suoi escrementi nella pelle attraverso le mucose o piccole escoriazioni. Le fonti medievali sono concordi nell'individuare nell'oriente il suo luogo di origine, e infatti la pulce ha il suo ambiente ideale nel
Studi recenti hanno permesso di localizzare il focolaio di partenza nel cuore del regno mongolo nella regione del lago Balkhas in Kazakistan, da dove, seguendo la via della sera, avrebbe raggiunto Samarcanda nel 1341 e quindi la Crimea nel 1346. Qui il suo passaggio è documentato con certezza dalle vicende della colonia genovese di Caffa, assediata dai Tartari, i quali avrebbero catapultato in città cadaveri di appestati, attuando così una sorta di guerra batteriologica. Nel giugno del 1347 la peste è già a Costantinopoli, dove di manifesta per prima nel quartiere genovese di Pera, qui certamente era stata importata dalle galee genovesi che, partendo per Caffa, facevano scalo a Costantinopoli, proseguendo poi per Messina, dove puntualmente l'epidemia esplose con l'entrata della navi genovesi nel porto.

Nel giro di pochi giorni la peste raggiunse Siracusa, Catania, Agrigento, Sciacca, Trapani, e quindi la Sardegna e la Corsica, contemporaneamente da Reggio Calabria risaliva vErso nord, arrivando a Napoli nella primavera dell'anno dopo. Intanto le galee genovesi continuarono incredibilmente a diffondere il morbo per le città costiere del Mediterraneo, attraccando prima a Pisa e infine a Genova nel gennaio del 1348. Resta ancora un mistero perchè abbia risparmiato una città affollata come Milano. 
La gente in preda al terrore, abbandonava al loro destino i propri congiunti. "Come uno si ponea in sul letto malato quegli di casa sbigottiti gli diceano: io vo per lo medico, e serravano pianamente l'uscio da via e non vi tornavano più" racconta il cronista fiorentino Marchionne di Coppo Stefani, lo stesso che descrive con crudo realismo la sepoltura del cadaveri in grandi fosse comuni, dove venivano gettati a strati separati da un poco di terra "come si minestrasse lasagne a fornire di formaggio"

Da allora la peste non abbandonerà l'Occidente fino al Settecento: l'ultima comparsa spettacolare si verificherà a Marsiglia nel 1720.

lunedì 22 settembre 2014

Traffici e furti di reliquie nel Medioevo: San Nicola di Bari

Cari amici di Percorsi,

La traslazione di San Nicola in una miniatura 
oggi vi parlo di fatti accaduti qualche secolo fa: siamo nel Medioevo, periodo che spesso venne considerato dalla critica un periodo cupo, ma altrettanto interessante e in un certo senso enigmatico.

Dopo il Mille ci fu una grossa ripresa economica e demografica, ampiamente analizzata dalla critica, la quale ha individuato cause ben più fondate delle leggenda, affiorata negli scrittori del Cinque-Seicento, che sosteneva che sul finire del primo millennio si sarebbe arrestato lo sviluppo economico e sociale, essendo gli uomini in attesa della fine del mondo e che solo all'apparire dell'alba radiosa del nuovo millennio, fugato ogni timore di un'imminente catastrofe, gli uomini si sarebbero dati da fare per recuperare il tempo perduto.

San Nicola
Ma non è di questo che voglio parlare ma del fatto che una novità dopo il Mille fu che ci fu un aumento notevole del commercio: tra gli oggetti che circolavano lungo le rotte marittime e terrestri ce ne era anche uno del tutto particolare. Si tratta delle reliquie dei santi o di Cristo stesso, che nel corso nel primo millennio divennero oggetto di un culto assai diffuso.

Al di là delle contestazioni sulla veridicità o meno di molte di queste reliquie, ne esistevano altre la cui autenticità non era messa in dubbio, essendo avvalorata dai miracoli che suscitava il contatto con esse, Tali erano ad esempio i corpi di San Pietro a Roma, di San Matteo a Salerno, di San Giacomo a Santiago de Compostela. Le chiese che avevano fortuna di possederle diventavano meta di pellegrinaggio anche a lunghissima distanza, dando prestigio alle città in cui esse sorgevano e alimentando le attività economiche locali. Da qui l'accanimento con cui si cercava di procurarsi i resti dei santi famosi.

Tra questi vi era San Nicola, protettore dei naviganti, le cui reliquie erano conservate a Mira,in Turchia. Su di esse si puntavano le mire di Veneziani, Genovesi e Baresi. Ebbero la meglio quest'ultimi, che portarono a termine la loro impresa tra la fine di febbraio e il  9 maggio del 1087, giorno del loro ritorno a Bari.

La tomba del Santo a Bari
A Mira la basilica del santo sorgeva un pò fuori della città, custodita da quattro sacerdoti. I Baresi cercarono di corromperli con il denaro, dichiarandosi disposti a pagare qualsiasi somma pur di avere "un così grande tesoro", ma davanti al loro rifiuto non esitarono a ricorrere alla forza, minacciando di ucciderli se non avessero rivelato il luogo esatto della sepoltura del santo.

Secondo la leggenda le reliquie furono depositate a Bari là dove i buoi, che trainavano il carico della barca, si fermarono. La tomba del santo venne consacrata da Urbano II nel 1089: essa comprende il 65 % del corpo del santo, la parte restante del corpo dovrebbe trovarsi in varie chiese del mondo e soprattutto a Venezia, dal momento che anch'essi si recarono a Mira alla ricerca di San Nicola.

sabato 6 settembre 2014

Cosa va di moda al Monumentale di Milano?

 OPEN DAY AL CIMITERO MONUMENTALE
7 settembre 2014 ore 15.00, Salone Conferenze
INCONTRO CON PROIEZIONE SU
 "La moda ottocentesca al Cimitero Monumentale di Milano"

Parlare di moda in un cimitero può sembrare a primo impatto “sacrilego” o poco comprensibile: un servizio di moda? una sfilata in un ambiente “particolare?
I cimiteri sono luoghi dove scoprire la storia della città in cui sono edificati, gli stili architettonici e l’evolversi delle tendenze artistiche, ma in essi si possono approfondire anche discorsi a carattere sociologico e, perché no, sull’analisi del costume e della moda delle epoche che rappresentano. Moltissime tombe che popolano i Cimiteri Monumentali italiani, e non solo, sono decorate da bellissime sculture, busti, bassorilievi dei defunti che hanno voluto farsi ricordare agghindati con pettinature e vesti degne dei migliori atelier parigini. Passeggiare per il Monumentale di Milano ti stupisce: busti di donne dai riccioli di marmo, vestiti sontuosi ricoperti da manti di pizzo finemente intarsi nel marmo, in cui emerge la maestria e la finezza d’esecuzione di scultori di fama nazionale, ma anche immagini di uomini dai baffi all’insù e bimbi vestiti con l’abito della domenica con balze di tessuto e fiocchi vistosi nei capelli.
Il Corriere delle dame di Milano (1804-1874)
La moda nell’Ottocento è espressione del ceto borghese che, dopo la rivoluzione francese, conquista potere politico ed economico in Europa, imponendo i suoi ideali e il suo stile. Con la modernizzazione dell’industria, la diffusione della stampa e delle macchine da cucire, le nuove masse borghesi più vivaci e acculturate porteranno a una più ampia e rapida diffusione della moda, che inizialmente coinvolge le classi più elevate della società.
L’apertura a Parigi del primo grande magazzino che vende “moda pronta”, La belle jardiniere, avrà un così grande successo che sarà subito imitata. Nel giro di pochi anni solo a Parigi si conteranno sei nuovi magazzini ( in Italia il primo è la Rinascente fondata a Milano nel 1865 dai fratelli Bocconi, che riposano proprio al Monumentale in una delle Edicole più alte e maestose)
Nascono i giornali di moda, come nel 1804 viene pubblicato a Milano il primo numero de “Il Corriere delle dame”, diretto da Carolina Lattanzi, che fu uno dei giornali femminili di più lunga durata. (attivo fino al 1874). Esso rientra nella tipologia delle prime riviste di consumo, di intrattenimento e di moda e ebbe un grosso successo dal momento che permetteva alle abbonate di poter acquistare i vestiti per corrispondenza.

L’abbigliamento femminile subisce nell’Ottocento una lenta ma graduale trasformazione. In questo periodo vediamo dunque un abito che passa da una volumetria all’altra in base ai cambiamenti in atto nella società, con l’uso di sottogonne, a volte anche molto ingombranti, che pian piano però scompariranno, e con un corpetto molto rigido e faticoso da indossare. Vestiti a strati e ingombranti per tutte le occasioni: per la casa, per le uscite pomeridiane, per le serate mondane…e addirittura per i funerali! Ma anche acconciature in base all’età, capelli sciolti per le ragazze, ai capelli raccolte per le donne maritate, gioielli in pietre più o meno preziose (anche gioielli creati con capelli o denti dei defunti). La donna borghese, angelo del focolare, ha come unica forma di sfogo la moda e per questo non si farà mancare mantelli finemente decorati di pizzo o di inserti di pelliccia, preziosi fermagli per capelli e ombrelli bon ton.
Busto Francesco Viganò
La moda maschile registrò invece un significativo e radicale mutamento, quasi una svolta epocale rispetto alla moda sfarzosa settecentesca. All’inizio del secolo in fatto di abbigliamento gli uomini compiono quella che alcuni storici definisco “la grande rinuncia”. Rinunciano al rapido susseguirsi delle mode, ai colori, ai decori sfarzosi, e cristallizzano il loro abbigliamento con un completo in tre pezzi di colore scuro che nelle sue linee fondamentali è arrivato invariato fino ad oggi. In contrasto con l’abbigliamento femminile costituito da abiti che si fanno vanto di distinguersi l’uno dall’altro per colore, foggia e decori, l’abbigliamento maschile cerca l’omologazione. Come non ricordare Lord Brummel, arbiter elegantiae del Secolo, che impose il suo modo di vestirsi in tutta Europa: il suo edonismo esasperato diventò proverbiale per il suo motto: “ Per essere eleganti non bisogna farsi notare” fu legge per tutti gli uomini di moda.
ad ogni occasione una sua cravatta” riferisce un motto dell'epoca: i nodi dovevano essere
Monumento Volpi
sempre perfetti e appropriati alle circostanze, in modo che ad ogni occasione mondana corrispondesse la cravatta giusta.( il Conte della Galda, nel 1827 a Milano, scrisse un trattato su come annodare la cravatta e identificò ben 32 tipi diversi di nodo).
Le nuove teorie di puericultura con cominciano a diffondersi a fine Settecento grazie al filosofo francese Rousseau e che ritengono il gioco e la libertà di movimento indispensabili per un corretto sviluppo del bambino, portano finalmente a concepire un abbigliamento per i bambini specifico che, pur riprendendo la linea di quelle delle madri, non ne copia mai la silhouette esasperata, lasciando il corpo alle sue linee naturali. Vestiti più corti e comodi da indossare, senza rinunciare agli elementi decorati e agli strati di tessuto, soprattutto per le bambine.

Interessante notare come i maschietti, fino ai 4-7 anni, venissero vestiti con abiti femminili, quasi identici a quelli delle proprie sorelline. Le uniche differenze tra gli abiti dei due sessi in questi primi anni di vita potevano essere le abbottonature (posteriori per le bambine e anteriori per i maschi) e la scelta dei colori e dei tessuti.

Vi aspetto numerosissimi domani alle 13.00!!!